La famiglia, borghese e cattolica, relativamente benestante, avrebbe voluto avviarlo alla carriera ecclesiastica o a quella giuridica, ma il giovane Denis non pareva interessato né all’una né all’altra. Il padre era Didier Diderot, fabbricante di coltelli e ferri chirurgici, sposato ad Angélique Vigneron. Denis portava il nome del nonno. Aveva due fratelli: Didier-Pierre, poi sacerdote e canonico della cattedrale di Langres e Angélique che, diventata suora, morirà giovane in convento, probabilmente suicida: una tragica figura che Diderot riprenderà nel romanzo La monaca. Dopo aver studiato presso il collegio gesuita della città natale, e aver effettuato anche la tonsura (il rito del taglio di capelli per entrare nell’ordine), lasciò la vita clericale contro la volontà paterna, e si trasferì a Parigi per iscriversi all’Università, dove ottenne il baccalaureato. Ne uscì nel 1732, con il titolo di magister artium, una laurea abbastanza generica e quindi relativamente carente per una specializzazione professionale.
L’ATTIVITA’ LETTERARIA E FILOSOFICA
Sprovvisto di un preciso indirizzo di carriera, Diderot inizialmente, lavorò per un periodo nello studio di un procuratore e in seguito si adattò ai più diversi lavori; studiò greco e latino, medicina e musica, guadagnandosi da vivere come traduttore ed entrando così in contatto con autori e idee da cui trasse ispirazione.
Fu anche scrivano pubblico e precettore, frequentando, come molti altri giovani anticonformisti, i salotti e i caffè letterari in cui circolavano le idee illuministiche e libertine. Il suo spirito vulcanico e decisionista doveva farne un leader del movimento illuminista e non a caso è di questo periodo la segnalazione alla polizia, che nel 1748 lo schederà come “giovane pericoloso” per le sue idee blasfeme e contro la religione.
A Parigi conobbe, nel 1742, un altro provinciale come lui, il ginevrino Jean-Jacques Rousseau, con cui costruì un intenso quanto burrascoso rapporto. Il sodalizio tra alti e bassi si romperà a un certo punto perché Rousseau si sentì “tradito” dagli amici illuministi che non condividevano le sue idee e i suoi atteggiamenti. Dal 1742 al 1745 traduce dall’inglese il Dizionario medico di Robert James. Nel 1745 incontrò per la prima volta Condillac; nello stesso anno tradusse il Saggio sulla virtù e sul merito di Anthony Ashley Cooper, III conte di Shaftesbury, del quale ammirò le idee di tolleranza e di libertà. In seguito, assieme agli scrittori e traduttori François-Vincent Toussaint e a Marc-Antoine Eidous, lavorò alla versione francese del Dictionnaire universel de medicine (Parigi 1746-1748) del medico inglese Robert James.
Risentono di questi rapporti culturali i suoi Pensées philosophiques (Pensieri filosofici) del 1746, di intonazione deista, La sufficienza della religione naturale e La passeggiata dello scettico del 1747; tutte opere aspramente critiche verso la superstizione e l’intolleranza. Il Parlamento di Parigi condannò i Pensieri, pubblicati anonimo, ad essere bruciati. Risalgono al 1748 il romanzo libertino I gioielli indiscreti e al 1749 la Lettera sui ciechi ad uso di coloro che vedono di intonazione sensista e materialista.
Già questa prima rassegna di titoli, a cui vanno aggiunti anche alcuni saggi di matematica, lascia intravedere due caratteristiche fondamentali della personalità intellettuale del filosofo, vale a dire la vastità dei suoi interessi – che spaziarono dalla filosofia alla biologia, dall’estetica alla letteratura – e la flessibilità dei generi di scrittura da lui praticati, particolarmente congeniale al carattere mobile, aperto e dialogico del suo pensiero, nonché la sua propensione alla catalogazione dei vari rami del sapere.
In questo periodo, con l’editore André Le Breton, comincia a prendere forma il progetto dell’Encyclopédie. Diderot frequenta il salotte di madame Geoffrin, assieme a Voltaire e d’Alembert.
L’ARRESTO E LA PRIGIONIA A VINCENNES
Incarcerato nel castello di Vincennes per la Lettera sui ciechi ad uso di coloro che vedono, un vero e proprio manifesto dell’ateismo, dove Diderot aveva fra l’altro ripreso alcuni passi degli scritti del prete-ateo Jean Meslier (1664-1729), poi pubblicati e revisionati da Voltaire, trascorrerà centotré giorni di prigionia piuttosto blanda, dal 22 luglio al 3 novembre 1749.
La Lettera sarà inviata anche a Voltaire, che l’apprezzerà, pur non condividendo la tendenza materialista di Diderot.[17] Diderot fu liberato dopo aver firmato una “lettera di sottomissione” e anche per le intercessioni di alcuni amici presso le autorità di sicurezza (ma forse anche per l’influenza della favorita del re Luigi XV, madame de Pompadour, amica personale di Diderot e Voltaire), dovette restare per un periodo in libertà vigilata.
Prima cercò di attribuire i Pensieri alla sua amica Madame de Puisieux, poi dovette ammettere di averli scritti e promettere di non scrivere più “contro la religione e la morale”, limitandosi da allora ad esporre gli argomenti più pericolosi del suo pensiero velatamente o in maniera superficiale o ricorrendo ad inserirli nelle voci dell’Enciclopedia meno sospette. In seguito pubblicherà solo in forma anonima o sotto pseudonimi gli articoli più scomodi.
Si racconta che mentre andava a trovare Diderot in prigione, durante questo periodo, Rousseau ebbe l’idea della sua prima opera, il Discorso sulle scienze e le arti, che rimarrà legata nell’aneddotica, a questa particolare circostanza. Nello stesso anno, dopo 14 anni, Diderot si riappacificò col padre che aveva condannato la sua vita giovanile spregiudicata e gli aveva tolto una modesta pensione di sopravvivenza.
IL MATRIMONIO E LA RELAZIONE CON LA VOLLAND
La vita privata di Diderot fu intensa e libera, focalizzata intorno a centri affettivi di grande importanza come la famiglia. Sposatosi nel 1743 con la camiciaia Antoinette Champion detta Nanette, che si rivelerà un’ottima amministratrice dell’economia domestica, ed ebbe dal matrimonio quattro figli, dei quali gli sopravvisse solo l’amatissima figlia quartogenita Marie-Angélique (chiamata col nome della madre e della sorella di Diderot; i tre figli nati in precedenza, la primogenita chiamata anch’essa Angélique in onore della nonna, e i due maschi, François-Jacques-Denis e Denis-Laurent, morirono tutti pochi mesi dopo la nascita). Il padre Didier era fortemente contrario al matrimonio, e minacciò di diseredarlo (si rinconciliarono solo grazie alla mediazione di Antoinette stessa) se non si fosse fatto abate, come lui voleva. Riuscì con uno stratagemma a far rinchiudere il trentenne Diderot nel convento locale, per impedirne il matrimonio, ma lui fuggì dalla finestra e andò alla cerimonia.
A partire dal 1756 ebbe con l’amica e amante Sophie Volland una relazione sentimentale e intellettuale della quale ci resta un epistolario biografico, letterario e storico di grande valore. Il rapporto amoroso con Sophie, una donna molto diversa dall’amante Madeleine de Puisieux (1720-1798) – una scrittrice moralista e femminista che Diderot aveva incontrato nel 1745 – sia dalla moglie Antoinette – di livello inferiore come istruzione e interessata, più che al perseguimento degli ideali, alle faccende pratiche dell’esistenza che assicurassero una vita agiata -, fu molto importante per Diderot che scoprì il vero sentimento dell’amore e trovò in lei una confidente e consigliera che gli fu vicina per tutta la vita. Di Sophie non è rimasto alcun ritratto, ma solo alcune notazioni che dicono che portava gli occhiali e che aveva «la menotte sèche», delle “manucce magre” («Je baise votre front, vos yeux, votre bouche et votre menotte sèche qui me plaît tout autant qu’une potelée..») e che era dotata di un’accurata cultura scientifica e filosofica che destò l’ammirazione di Diderot. La vita di Diderot è stata spesso rappresentata nel romanzo e nel cinema come quella di un esponente libertino dell’illuminismo, talvolta con licenze letterarie; ad esempio è il singolare protagonista, a metà tra il filosofo e l’uomo di mondo, de Il libertino (1997) di Éric-Emmanuel Schmitt, che ne fa un prototipo dell’illuminista radicale e gaudente.
L’ENCICLOPEDIA E IL CIRCOLO DEL BARONE D’HOLBAC
Dal 1745 Diderot fu coinvolto attivamente nell’ambizioso progetto dell’Encyclopédie, di cui diverrà due anni dopo direttore, con d’Alembert condirettore per la parte matematica. L’editore André Le Breton e i suoi tre soci in affari, David, Durand e Briasson, ottennero un privilegio reale di 20 anni per pubblicare un Dizionario Universale delle Arti e delle Scienze, tradotto dalla Cyclopaedia dell’inglese Ephraim Chambers. La direzione editoriale venne affidata all’abate Gua de Malves, dell’Accademia delle Scienze. Tra i collaboratori vennero scelti Diderot e d’Alembert. Nell’ottobre del 1747, Gua de Malves abbandonò l’incarico a favore di Diderot e d’Alembert, nominato condirettore.
Di quest’opera, che lo occuperà instancabilmente per il successivo ventennio, Diderot sarà il più infaticabile artefice: egli scorgeva in essa un’irrinunciabile battaglia politica e culturale che sostenne pressoché da solo, dopo la defezione di Jean d’Alembert nel 1759, a causa della persecuzione dei philosophes dovuta alla sentenza di condanna contro L’esprit di Helvétius. Per Diderot, a differenza di quanto pensava Voltaire, l’Enciclopedia doveva servire a diffondere il sapere all’esterno della tradizionale cerchia culturale, come una nuova «paideia», un’educazione per il popolo, non solo per nobili e alto-borghesi.
Viceversa, Diderot non darà in genere circolazione pubblica ai propri scritti, molti dei quali rimarranno quindi del tutto sconosciuti al di fuori della ristretta cerchia dei filosofi, per venire pubblicati solo dopo molti decenni dalla sua morte (alcuni addirittura dopo la seconda guerra mondiale). Nel 1751 Diderot e d’Alembert avevano ricevuto, da Federico II di Prussia, la nomina di membri dell’Accademia di Berlino.
Diderot, da questo periodo in poi, partecipò anche alla stesura o alla revisione delle opere, pubblicate anonime, del barone d’Holbach[4], animatore di un circolo culturale scettico e materialista, ma frequentato da personalità di diverso tipo. Assieme al barone (autore principale e a cui i libelli sono generalmente attribuiti dalla critica), allo stretto collaboratore di quest’ultimo Jacques-André Naigeon e a Louis de Jaucourt, già eminente partecipante all’Encyclopedie, Diderot stenderà o contribuirà a diversi saggi antireligiosi e anticlericali (come Il sistema della natura, Il buon senso e Il cristianesimo svelato), che d’Holbach faceva poi pubblicare in segreto e circolare grazie alle sue conoscenze personali e all’ingente patrimonio di famiglia. Come buona parte delle opere diderottiane più sovversive, anche queste circolarono clandestinamente e gli furono attribuite, nelle parti in cui vi lavorò, solo molto tempo dopo la morte del filosofo e di quella di d’Holbach.
PROBLEMI CON LA CENSURA
Nel 1752, l’abbé de Prades, uno dei redattori dell’Enciclopedia, venne accusato dalle autorità ecclesiastiche di promuovere il materialismo ateo e dare adito ai sovvertitori della società. Una sentenza del Consiglio del Re proibì e condannò al macero i due volumi pubblicati. Diderot, con il supporto di Malesherbes, direttore della Biblioteca reale (equivalente del Ministero della Cultura), riuscirà ad ottenere un nuovo privilegio reale, con una discreta libertà di pubblicazione, che durerà fino al 1759, grazie all’intervento della Pompadour presso il re. La pubblicazione riprese nel mese di novembre 1753. D’Alembert si dimise da condirettore, ma tornò dopo pochi mesi per dedicarsi interamente agli articoli di fisica e matematica.
A parte il periodo di Vincennes, Diderot si dedicò infaticabilmente all’Enciclopedia; il Prospetto, scritto da lui stesso e considerato il manifesto programmatico degli Enciclopedisti, lanciò una sottoscrizione per la vendita dell’opera. Il progetto riprese l'”Albero della conoscenza umana” di Francesco Bacone, innescando subito una polemica con i gesuiti che espressero la loro opposizione perché secondo loro, era diretto contro la Chiesa e la morale cristiana. Abbastanza rapidamente, infatti, il papa, i giansenisti e i gesuiti si ritrovarono insieme contro l’opera.
Appartengono a questo periodo – oltre alla pubblicazione dell’Encyclopédie si concluderà definitivamente solo nel 1772 – altre importanti opere, tra cui si possono ricordare i fondamentali saggi filosofici L’interpretazione della natura (1753) e il Sogno di d’Alembert (1769), i romanzi La monaca (1760) e Jacques il fatalista e il suo padrone (1773), il dialogo Il nipote di Rameau (1762); le opere teatrali Il figlio naturale (1757) e Il padre di famiglia (1758), nonché il trattato La poésie dramatique, mentre il Paradosso sull’attore è ancora oggi una delle opere più importanti sull’arte della recitazione.
Nel 1756 incontra di nuovo Rousseau, prima che quest’ultimo, a causa dell’articolo enciclopedico sulla sua città, Ginevra, litigherà, sentendosi offeso, prima con gli autori dello scritto, d’Alembert e Voltaire, e poi con Diderot stesso, rompendo ogni rapporto con gli enciclopedisti. Da allora sia Voltaire (che lo bersagliò di satire e pamphlet) sia Diderot ostacolarono la circolazione delle opere del ginevrino, in particolare quelle autobiografiche (che l’ex amica di Rousseau Louise d’Épinay, in buoni rapporti con Diderot, considerava diffamatorie), e Rousseau diverrà ancora più paranoico.
Nel mese di gennaio 1757, il fallito tentativo del servitore di un parlamentare, lo squilibrato Robert François Damiens, di assassinare Luigi XV venne attribuito, dagli avversari di Diderot e d’Alembert, all’influenza delle nuove idee, che sono accusati di diffondere. L’anno seguente, i contrasti tra l’editore e d’Alembert, che abbandonerà il progetto, e la persecuzione delle autorità contro uno dei collaboratori, Helvétius, per aver pubblicato il saggio materialista De l’Esprit, misero a rischio il lavoro. Il re sospese i privilegi, e ordinò il rogo dei sette volumi usciti. Diderot riuscì a nascondere i volumi e le tavole a casa di Malesherbes, fino alla sospensione dei provvedimenti, ma solo nei confronti degli argomenti tecnici e non sensibili di censura.
Nel 1759 l’Enciclopedia comincia ad essere vittima della censura del Parlamento di Parigi, con l’approvazione di Luigi XV, e nemmeno la Pompadour riuscirà più a far nulla. Papa Clemente XIII, intanto, inserisce l’opera nell’Indice dei libri proibiti, ordinando ai cattolici, sotto minaccia di scomunica, di consegnare ai vescovi le copie in loro possesso, affinché venissero bruciate. Voltaire, dall’esilio nella sua proprietà di Ferney, soccorre Diderot, proponendolo come accademico di Francia, ma lui declina; nel frattempo difende comunque l’amico, attaccato pubblicamente dal giornalista anti-illuminista Élie Fréron (che lo accusava di aver plagiato un’opera di Carlo Goldoni, Il vero amico, ne Le Fils naturel, anche se il vero bersaglio da colpire era sempre l’Enciclopedia), con la pubblicazione di molti pamphlet anonimi. Le Breton sottopose i volumi a una censura preventiva e bruciò i manoscritti, atti che susciteranno la rabbia di Diderot, ma il progetto proseguì, con la pubblicazione degli ultimi dieci volumi, completata nel 1772, sotto falso indirizzo e in maniera semi-clandestina.
LA CONCLUSIONE DEL PROGETTO E ALTRE INIZIATIVE
Nel 1765 Diderot tentò una riconciliazione con Rousseau, ma questi rifiuta. Lo stesso anno conobbe David Hume, in casa di d’Holbach, e cominciarono i rapporti epistolari con Caterina II di Russia, la più potente dei monarchi “illuminati”. Diderot le propose di poter lavorare ad un’edizione russa senza alcuna censura dell’Enciclopedia, ma l’imperatrice non accettò. Nel 1766, sempre nel salotto parigino del barone, conosce gli illuministi italiani Cesare Beccaria e Alessandro Verri (fratello di Pietro). Entusiasta del libro Dei delitti e delle pene del Beccaria, in cui si propugna razionalmente l’abolizione della tortura e della pena di morte – tradotto in francese dall’abbé Morellet nel 1776 – Diderot ne scriverà le note esplicative. Tutto questo lo spingerà nettamente verso il sostegno all’abolizionismo della pena capitale. Nel 1767 venne nominato membro dell’Accademia delle arti di San Pietroburgo.
Come molti illuministi, sostenne la lotta dei coloni americani contro l’Inghilterra nella guerra d’indipendenza americana (1776), che si concluderà nel 1783 con la nascita degli Stati Uniti d’America.[13][24][41]
GLI ULTIMI ANNI
Nel 1765, l’imperatrice Caterina II di Russia acquistò la biblioteca di Diderot, che ne mantenne tuttavia l’usufrutto e una rendita come bibliotecario.[24] Tra il 1764 e il 1765 conobbe l’eccentrico scrittore britannico Laurence Sterne e David Garrick.
Nel 1773 il filosofo si recò a San Pietroburgo, dove stese per l’imperatrice diversi progetti di riforma della società e dell’istruzione, che non andranno in porto. La successiva delusione gli fece sconfessare la concezione voltairiana di assolutismo illuminato, per farlo tornare, in Mémoires pour Cathérine II e in Critica al libro “Dell’uomo” di Helvétius, a schierarsi con l’ex amico Rousseau, a favore di una concezione più democratica e anti-assolutistica; negli ultimi tempi della sua vita Diderot era ormai quasi anti-monarchico, sebbene sostenesse che la zarina era certamente dispotica, ma non necessariamente tirannica. Diderot coniò per la Russia la famosa definizione di “colosso dai piedi d’argilla”, ripreso da un’immagine biblica.
Sempre nel 1773 la figlia Angélique sposò Abel-François Caroillon de Vandeul. Al ritorno del viaggio in Russia, nel 1774, visitò i Paesi Bassi, fermandosi all’Aia.
Tornato a Parigi, dal 1774 fece vita ritirata a causa della sua salute in declino, risiedendo talvolta nella villa di campagna di d’Holbach, a Grandval. In questi ultimi anni scrisse molte opere e cominciò la pubblicazione, a puntate, di Jacques il fatalista.
In questo periodo moriranno molti dei suoi collaboratori philosophes (Montesquieu era morto nel 1755): Helvetius nel 1771, Voltaire e Rousseau nel 1778, l’amico d’Alembert morto nel 1783 (pochi giorni dopo il compimento dei 70 anni di Diderot) e madame d’Epinay (morta anche lei nel 1783, ad aprile).
Il 19 febbraio 1784 Diderot, che soffriva d’ipertensione ed enfisema, venne colpito da un ictus. Furono per lui durissimi colpi la morte di Sophie, avvenuta solo tre giorni dopo, il 22 febbraio[26], e quella di una sua nipote, Minette, nata da poco, il 15 aprile. Nel luglio 1784 si trasferì in un lussuoso appartamento in Rue de Richelieu, il cui affitto era pagato da Caterina II, dove però visse solo per due settimane; il 31 luglio dello stesso anno, infatti, Diderot morì a Parigi per un improvviso attacco cardiaco: colpito dal malore, al termine di un pranzo con la moglie e la figlia, mentre si accingeva a mangiare una composta di ciliegie di cui era golosissimo, si accasciò e morì in pochi minuti, senza accorgersi quasi di nulla. L’autopsia, che fu eseguita secondo la volontà espressa dallo stesso Diderot, ascrisse la causa della morte a cardiomiopatia ipertrofica causata da ipertrofia cardiaca cronica.
SEPOLTURA E VICENDE POSTUME
In prossimità della sua morte gli amici lo avevano convinto a trasferirsi, per risiedere in una parrocchia il cui sacerdote acconsentisse a seppellirlo cristianamente, per evitare, in questo modo – come aveva fatto anche Voltaire – la sepoltura infamante in una fossa comune. Diderot firmò quindi, su loro insistenza, una falsa professione di fede cattolica e visse quindi gli ultimi mesi nel quartiere di Saint-Roch, dove aveva traslocato (nei pressi della dimora di d’Holbach, in un sontuoso appartamento di rue Richelieu, a spese di Caterina II). Il corpo di Diderot verrà sepolto nella chiesa di Saint-Roch, proprio accanto al posto dove, nel 1789, sarà inumato l’amico d’Holbach, condividendone il destino di celebre ateo sepolto in un luogo religioso.
Caterina II garantì alla vedova di Diderot una donazione di 1000 rubli; precedentemente aveva concesso dei lasciti anche ai nipoti del filosofo.
Dopo la morte di Diderot, i suoi manoscritti e i volumi della sua biblioteca furono trasferiti a San Pietroburgo, dove l’imperatrice Caterina aveva riunito anche i volumi appartenuti a D’Alembert e Voltaire, oggi esposti alla Biblioteca nazionale russa.
Postumo uscirà, per volontà della moglie Antoinette, la versione completa, in volume, del celebre romanzo Jacques il fatalista.
Nel 1791 i sanculotti assaltarono la chiesa di Saint-Roch, danneggiando anche le tombe, per cui i resti andarono dispersi. Assalti e combattimenti a Saint-Roch avvennero nuovamente nel 1795, durante l’insurrezione del 13 vendemmiaio anno IV (con scontri tra i soldati comandati da Napoleone Bonaparte e i monarchici) e nel 1815 (durante una protesta anticlericale), per cui l’aspetto originario della chiesa e delle lapidi è andato perduto. Nel 2013, per il tricentenario della nascita, un gruppo di intellettuali ha proposto, al Presidente francese François Hollande, il trasferimento solenne della tomba, a bara vuota come avvenuto per Condorcet, presso il Pantheon, dove già si trova un cenotafio a Diderot, situato accanto ai sepolcri dei grandi di Francia, tra i quali Voltaire e Rousseau, qui portati durante la Rivoluzione francese.