Eràclito di Efeso (pronuncia alla greca /e’raklito/, alla latina /eraˈklito/; in greco antico: Ἡράκλειτος, Hērákleitos, “gloria di Era” o Ἡράκλειτος ὁ Ἐφέσιος, Hērákleitos ho Ephésios, “Eraclito di Efeso”; Efeso, 535 a.C. – Efeso, 475 a.C.) è stato un filosofo greco antico, uno dei maggiori pensatori presocratici.
Il suo pensiero risulta particolarmente difficile da comprendere ed è stato interpretato nei modi più diversi a causa del suo stile oracolare e della frammentarietà nella quale ci è giunta la sua opera. Eraclito aveva comunque fama di cripticità già nella sua epoca. Ad esempio Aristotele, che si suppone ne abbia letto integralmente l’opera, lo definisce «l’oscuro»; persino Socrate ebbe problemi a comprendere gli aforismi dell’«oscuro», sostenendo che erano profondi quanto le profondità raggiunte dai tuffatori di Delo. Eraclito influenzò in vario modo i pensatori successivi: da Platone allo stoicismo, la cui fisica ripropone in gran parte la teoria eraclitea del logos.
BIOGRAFIA
Della vita di Eraclito si hanno pochissime notizie, mentre della sua opera filosofica sono sopravvissuti, attraverso testimonianze, soltanto pochi frammenti.
Nacque in una famiglia aristocratica; il padre, dal nome incerto (le fonti riportano vari possibili nomi: Bautore, Blosone, Blysone, Erachione, Erachino, Eraconte o Eraconto che, invece, a quanto presentato da Giannantoni si suppose essere il nome del nonno), era un discendente di Androclo, il fondatore di Efeso, e possedeva mezzo stadio di terra e una coppia di buoi. Nonostante discendesse da una famiglia di nobile origine, a Eraclito non interessava né la fama né il potere né la ricchezza; infatti, nonostante in quanto primogenito avesse diritto al titolo onorifico di basileus (che in greco significava re ed era la massima autorità sacerdotale), rinunciò a esso in favore del fratello minore. Quando il re di Persia Dario, dopo aver letto il suo libro Sulla natura, lo invitò a corte promettendogli grandi onori, Eraclito rifiutò la sua proposta, rispondendogli che, mentre “tutti quelli che vivono sulla terra sono condannati a restare lontani dalla verità a causa della loro miserabile follia” (che per Eraclito consiste nel “placare l’insaziabilità dei sensi” e nell’ambizione al potere), lui invece è immune dal desiderio e rifugge ogni privilegio, fonte d’invidia, restando a casa sua e accontentandosi di quel poco che ha. Per il suo distacco dai beni materiali e il disprezzo per il potere e per la ricchezza, Eraclito non piaceva molto agli Efesini, che erano esattamente l’opposto; per questo venne criticato dagli Efesini quando riuscì a convincere il tiranno Melancoma ad abdicare e ad andare a vivere nei boschi, ad aperto contatto con la natura. Visse in solitudine nel tempio di Artemide ove, stando a quanto dice Diogene Laerzio, depose il suo libro, «avendo deciso intenzionalmente, secondo alcuni, di scriverlo in forma oscura, affinché ad esso si accostassero quelli che ne avessero la capacità e affinché non fosse dispregiato per il fatto di essere alla portata del volgo». Mentre Teofrasto sostiene che, a causa del temperamento melanconico di Eraclito, esso non fu mai portato a termine e fu scritto in modo discontinuo. Il testo sempre a quanto presentato da Diogene Laerzio «godette di una tale fama che alcuni se ne fecero seguaci e furono chiamati Eraclitei». La deposizione del libro nel tempio conferma peraltro il suo temperamento aristocratico, essendo un gesto volto a proteggerlo dalla massa degli umani. Vivendo per lo più isolato, Eraclito trascorse gli ultimi anni prima della morte sui monti, cibandosi di sole piante, adottando una dieta strettamente vegetariana.