Giuseppe Ungaretti

di | 11 Gennaio 2021

da Wikipedia, l’enciclopedia libera

Giuseppe Ungaretti (Alessandria d’Egitto, 8 febbraio 1888 – Milano, 1º giugno 1970) è stato un poeta, scrittore, traduttore e accademico italiano.

Biografia

Gli anni giovanili
Giuseppe Ungaretti nacque ad Alessandria d’Egitto, nel quartiere periferico Moharrem Bek[2], l’8 febbraio del 1888 da genitori italiani originari della provincia di Lucca.

schedaUngaretti

Il padre Antonio (1842-1890) era un operaio, impiegato allo scavo del Canale di Suez, che morì due anni dopo la nascita del futuro poeta a causa di un’idropisia, malattia contratta negli anni di estenuante lavoro[3]. La madre, Maria Lunardini (1850-1926), mandò avanti la gestione di un forno di proprietà, con il quale riuscì a garantire gli studi al figlio, che si poté così iscrivere presso una delle più prestigiose scuole di Alessandria d’Egitto, la svizzera École Suisse Jacot. Alla figura materna dedicherà la poesia La madre, scritta nel 1930, a quattro anni dalla morte della donna.

L’amore per la poesia sorse in lui durante questo periodo scolastico, intensificandosi grazie alle amicizie che egli strinse nella città egiziana, così ricca di antiche tradizioni come di nuovi stimoli, derivanti dalla presenza di persone provenienti da tanti paesi del mondo; Ungaretti stesso ebbe una balia originaria del Sudan, una domestica croata e una badante argentina.

In questi anni, attraverso la rivista Mercure de France, il giovane si avvicinò alla letteratura francese e, grazie all’abbonamento a La Voce, anche a quella italiana. Inizia così a leggere, tra gli altri, le opere di Arthur Rimbaud, Stéphane Mallarmé, Giacomo Leopardi, Friedrich Nietzsche e Charles Baudelaire, quest’ultimo grazie all’amico Mohammed Sceab.

Ebbe anche uno scambio epistolare con Giuseppe Prezzolini. Nel 1906 conobbe Enrico Pea, da poco tempo emigrato in Egitto, con il quale condivise l’esperienza della “Baracca Rossa”, un deposito di marmi e legname dipinto di rosso, sede d’incontri per socialisti ed anarchici.

Iniziò a lavorare come corrispondente commerciale, attività che svolse per qualche tempo, ma realizzò alcuni investimenti sbagliati; si trasferì poi a Parigi per intraprendere gli studi universitari.

Il soggiorno in Francia
Nel 1912, dopo un breve periodo trascorso al Cairo, lasciò dunque l’Egitto e si recò in Francia. Nel tragitto vide per la prima volta l’Italia ed il suo paesaggio montano. A Parigi, frequentò per due anni le lezioni tenute dal filosofo Henri Bergson, dal filologo Joseph Bédier e da Fortunat Strowski, presso la Sorbona (presentando una tesina su Maurice de Guérin con Strowski) ed il Collège de France.

Entrato in contatto con un ambiente artistico internazionale, conobbe Guillaume Apollinaire, con il quale strinse una solida amicizia, Giovanni Papini, Ardengo Soffici, Aldo Palazzeschi, Pablo Picasso, Giorgio de Chirico, Amedeo Modigliani e Georges Braque. Invitato da Papini, Soffici e Palazzeschi, iniziò ben presto a collaborare alla rivista Lacerba (tra il febbraio e il maggio del 1915 vennero pubblicate su questa rivista alcune sue liriche, in cui è presente l’influenza del Futurismo e alcuni versi richiamano direttamente Palazzeschi).

Nel 1913 morì l’amico d’infanzia Moammed Sceab, suicida nella stanza dell’albergo di rue des Carmes, che condivideva con Ungaretti. Nel 1916, all’interno della raccolta di versi Il porto sepolto, verrà pubblicata la poesia a lui dedicata, In memoria.

In Francia, Ungaretti filtrò le precedenti esperienze, perfezionando le conoscenze letterarie e lo stile poetico. Dopo qualche pubblicazione su Lacerba (16 componimenti), avvenute grazie al sostegno di Papini, Soffici e Palazzeschi, decise di partire volontario[9] per la Grande Guerra.


Quando nel 1914 scoppiò la prima guerra mondiale, Ungaretti partecipò attivamente alla campagna interventista, arruolandosi in seguito nel 19º Reggimento di fanteria della Brigata “Brescia”, quando, il 24 maggio del 1915, l’Italia entrò in guerra. A seguito delle battaglie sul Carso, cominciò a tenere un taccuino di poesie, che furono poi raccolte dall’amico Ettore Serra (un giovane ufficiale) e stampate, in 80 copie, presso una tipografia di Udine nel 1916, con il titolo Il porto sepolto. Collaborava a quel tempo anche al giornale di trincea Sempre Avanti. Trascorse un breve periodo a Napoli, nel 1916 (testimoniato da alcune sue poesie, per esempio Natale: “Non ho voglia / di tuffarmi / in un gomitolo di strade…”) . Il 26 gennaio del 1917, a Santa Maria la Longa, in provincia di Udine, scrisse la nota poesia Mattina.

Nella primavera del 1918, il reggimento al quale apparteneva Ungaretti si recò a combattere in Francia, nella zona di Champagne, con il II Corpo d’armata italiano del generale Alberico Albricci. Del luglio 1918 è Soldati, composta nel bosco di Courton.

Al suo rientro a Parigi, il 9 novembre del 1918, nel suo attico parigino, trovò il corpo dell’amico Apollinaire, stroncato dalla febbre spagnola.

La raccolta poetica Allegria di naufragi è dedicata alla guerra.
Tra le due guerre
Dopo la guerra, Ungaretti restò nella capitale francese, dapprima come corrispondente del giornale Il Popolo d’Italia, diretto da Benito Mussolini, ed in seguito come impiegato all’ufficio stampa dell’ambasciata italiana. Nel 1919 venne stampata, a Parigi, la raccolta di versi in francese La guerre – Une poésie, che sarà poi inclusa nella sua seconda raccolta di versi Allegria di naufragi, pubblicata a Firenze nello stesso anno.

Nel 1920, il poeta conobbe e sposò Jeanne Dupoix, dalla quale avrà tre figli: un figlio, nato e morto nell’estate del 1921, Anna Maria (o Anna-Maria, come soleva firmare, con il trattino alla francese), Ninon (Roma, 17 febbraio 1925-Roma, 26 marzo 2015), e Antonietto (Marino, 19 febbraio 1930- San Paolo 1939)

Nel 1921, si trasferì con la famiglia a Marino, in provincia di Roma, e collaborò all’Ufficio stampa del Ministero degli Esteri. Gli anni venti segnarono un cambiamento nella vita privata e culturale del poeta. Aderì al fascismo, firmando il Manifesto degli intellettuali fascisti nel 1925.

In quegli anni, svolse un’intensa attività letteraria su quotidiani e riviste francesi (Commerce e Mesures) ed italiane (su La Gazzetta del Popolo), e realizzò diversi viaggi, in Italia e all’estero, per varie conferenze, ottenendo nel frattempo diversi riconoscimenti di carattere ufficiale, come il Premio del Gondoliere. Furono questi anche gli anni della maturazione dell’opera Sentimento del Tempo; le prime pubblicazioni di alcune liriche dell’opera avvennero su L’Italia letteraria e Commerce. Nel 1923 venne ristampato Il porto sepolto, presso La Spezia, con una prefazione di Benito Mussolini, che aveva conosciuto nel 1915, durante la campagna dei socialisti interventisti.

L’8 agosto del 1926, nella villa di Luigi Pirandello, nei pressi di Sant’Agnese, sfidò a duello Massimo Bontempelli, a causa di una polemica nata sul quotidiano romano Il Tevere: Ungaretti fu leggermente ferito al braccio destro ed il duello finì con una riconciliazione. Nel 1928, invece, maturò la sua conversione religiosa al cattolicesimo, come testimoniato anche nell’opera Sentimento del Tempo.

A partire dal 1931, il poeta ebbe l’incarico di inviato speciale per La Gazzetta del Popolo e si recò, pertanto, in Egitto, in Corsica, nei Paesi Bassi e nell’Italia Meridionale, raccogliendo il frutto di quest’esperienze vissute nella raccolta Il povero nella città (che sarà pubblicato nel 1949), e nella sua rielaborazione Il deserto e dopo, che vedrà la luce solamente nel 1961. Nel 1933 il poeta aveva raggiunto il massimo della sua fama.

Nel 1936, durante un viaggio in Argentina su invito del Pen Club, gli venne offerta la cattedra di letteratura italiana presso l’Università di San Paolo del Brasile, che Ungaretti accettò; trasferitosi quindi con tutta la famiglia in Brasile, vi rimarrà fino al 1942. A San Paolo, morirà il figlio Antonietto nel 1939, all’età di nove anni, per un’appendicite mal curata, lasciando il poeta in uno stato di acuto dolore e d’intensa prostrazione interiore, evidente in molte delle sue poesie successive, raccolte ne Il Dolore, del 1947, e in Un Grido e Paesaggi, del 1952.

La seconda guerra mondiale e il dopoguerra

Giuseppe Ungaretti (a sinistra) con l’editore Arnoldo Mondadori (al centro) all’ingresso della sede Mondadori di Milano
Nel 1942 Ungaretti ritornò in Italia, dove venne nominato Accademico d’Italia e, “per chiara fama”, professore di letteratura moderna e contemporanea presso l’Università “La Sapienza” di Roma. Nonostante i suoi meriti letterari e accademici, il poeta sarebbe stato vittima dell’epurazione seguìta alla caduta del regime fascista: esattamente dal luglio del 1944, anno in cui il Ministro dell’Istruzione Guido de Ruggero firmò il decreto di sospensione di Ungaretti dall’insegnamento, fino al febbraio 1947, quando il nuovo Ministro dell’Istruzione Guido Gonella reintegrò definitivamente il poeta come docente. A testimonianza del suo strenuo impegno per essere reintegrato, c’è una lettera, datata 17 luglio 1946, inviata all’allora Presidente del Consiglio Alcide De Gasperi, in cui Ungaretti difendeva la propria causa, elencando i suoi numerosi meriti conseguiti in Italia e all’estero. Il poeta avrebbe poi mantenuto il suo ruolo di docente universitario fino al 1958 e in seguito, come “fuori ruolo”, fino al 1965. Attorno alla sua cattedra, si formarono alcuni degli intellettuali che si sarebbero in seguito distinti per importanti attività culturali e accademiche, come Leone Piccioni, Luigi Silori, Mario Petrucciani, Guido Barlozzini, Raffaello Brignetti, Raffaele Talarico, Ornella Sobrero ed Elio Filippo Accrocca.

A partire dal 1942 la casa editrice Mondadori iniziò la pubblicazione dell’opera omnia di Ungaretti, intitolata Vita di un uomo. Nel secondo dopoguerra, Ungaretti pubblicò nuove raccolte poetiche, dedicandosi con entusiasmo a quei viaggi che gli davano modo di diffondere il suo messaggio e ottenendo significativi premi, come il Premio Montefeltro nel 1960 e il Premio Etna-Taormina nel 1966. Pubblicò un’apprezzata traduzione della Fedra di Racine e nel 1954 sfiorò il Premio Nobel per la Letteratura.

Nel 1958 il poeta fu colpito da un grave lutto: l’amata moglie Jeanne si spense in seguito a una lunga malattia.

Gli ultimi anni
Nei suoi ultimi anni Giuseppe Ungaretti intrecciò una relazione sentimentale con l’italo-brasiliana Bruna Bianco (più giovane di lui di cinquantadue anni), conosciuta casualmente in un hotel di San Paolo, dove si trovava per una conferenza. Della loro appassionata storia d’amore restano, come testimonianza, quattrocento lettere. Nel 1968 Ungaretti ottenne particolare successo grazie alla televisione: prima della messa in onda dello sceneggiato televisivo l’Odissea di Franco Rossi, il poeta leggeva alcuni brani tratti dal poema omerico, suggestionando il pubblico grazie alla sua espressività di declamatore. Sempre nel 1968, per i suoi ottant’anni, Ungaretti venne festeggiato in Campidoglio, in presenza del Presidente del Consiglio Aldo Moro; a rendergli onore i poeti Montale e Quasimodo.

Giuseppe Ungaretti nel 1968
Nel 1969 la Mondadori inaugurò la collana dei Meridiani pubblicando l’opera omnia ungarettiana. Nello stesso anno il poeta fondò l’associazione Rome et son histoire. Nella notte tra il 31 dicembre del 1969 ed il 1º gennaio del 1970, Ungaretti scrisse la sua ultima poesia, L’Impietrito e il Velluto, pubblicata in una cartella litografica il giorno dell’ottantaduesimo compleanno del poeta.

Nel 1970, un viaggio a New York, negli Stati Uniti, durante il quale gli fu assegnato un prestigioso premio internazionale dall’Università dell’Oklahoma, debilitò definitivamente la sua pur solida fibra. Morì a Milano, nella notte tra il 1º e il 2 giugno del 1970, per una broncopolmonite. Il 4 giugno si svolse il suo funerale a Roma, nella Basilica di San Lorenzo fuori le mura, ma non vi partecipò alcuna rappresentanza ufficiale del Governo italiano. È sepolto nel Cimitero del Verano, accanto alla moglie Jeanne.

Continua su wikipedia…

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *